«This Must Be the Place» di P. Sorrentino

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Locandina
Dublino è la città in cui l'ex rock star di musica goth ed ebreo, Cheyenne, sta trascorrendo la sua vita da pensionato. Vive in un enorme villa con piscina (vuota) insieme alla fedele moglie e forse ciò che lo tiene ancora legato alla sua vecchia e dissoluta vita è l'indossare ancora abiti da concerto, il cerone, il rossetto rosso (che come dice lui stesso dura più a lungo con un velo di cipria) e infine i suoi capelli arruffati. 
Sembra che la vecchia rock star non stia veramente vivendo, ma che si lasci vivere, eppure in questi momenti di sconforto basta aspettare che arrivi l'occasione giusta per svegliarsi dal malinconico torpore che ci attanaglia ed infatti sarà un triste evento, la morte del padre (sopravvissuto all'olocausto) negli Stati Uniti, a mettere Cheyenne davanti ad una scelta, continuare ad odiare suo padre e di conseguenza se stesso oppure cercare di perdonarlo/si?

Dopo il grande successo ottenuto con Il Divo, che nel 2008 vinse al Festival di Cannes il Prix du Jury, 7 David di Donatello, 5 Ciak d'Oro, 5 Nastri d'Argento e una candidatura all'Oscar per il Make Up, Paolo Sorrentino torna al cinema con The Must Be Place, una nuova storia-ritratto che questa volta racconta la vita di una particolarissima rock star, Cheyenne, interpretato da Sean Penn.  
Scena Film 
Il regista racconta di aver scelto questo nome per il protagonista, perché è "da rock star, da divo", eppure è presentato da subito come un ex divo che da circa vent'anni ha abbandonato il palcoscenico, ritirandosi nella sua immensa villa con la moglie. E' una villa che sembra essere nella sua maestosità ciò che Cheyenne rappresentava quando cantava, ma adesso appare come un pesante fardello, un luogo che gli ricorda tutti i suoi errori e da cui deve per forza allontanarsi per capire cosa lo turba (domanda che durante tutto il film è riproposta). Inoltre, è la morte del padre, che si era sempre opposto alle sue scelte di vita, a scatenare in lui la voglia di riscattarsi come uomo e come artista, così il viaggio che intraprende per andare a dire addio al padre diventa anche un percorso di rinascita, di consapevolezza che la vita può essere cambiata, migliorata e soprattutto che noi ne siamo i padroni. 
Tuttavia, l'espediente narrativo d'inserire la caccia al nazista che offese il padre durante l'olocausto, mi sembra essere troppo semplicistico e soprattutto poco approfondito dal lato umano, facendo diventare il protagonista uno strambo cacciatore di streghe accompagnata sempre dallo stesso pezzo musicale, This Must Be the Place, che non solo dopo un po' di tempo comincia ad annoiare, ma che rallenta troppo il ritmo implicito della storia. In conclusione posso ritenere che questo nuovo esperimento di Sorrentino sia parzialmente riuscito, perché se da un lato abbiamo qualche pecca strutturale, dall'altro lato c'è una bella sceneggiatura e un attore che ha saputo interpretare magnificamente un personaggio, come ritene Sorrentino,
"infantile, ma non capriccioso. Come molti adulti rimasti ancorati all'infanzia ha il dono di preservare solo gli aspetti limpidi, commoventi, sopportabili dei bambini." 


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